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Where

voltiLuoghi; ma luoghi del mondo o dell’ io, indifferentemente; paesaggi del volto o volti dei luoghi; identità reciprocamente contaminate, cercando il chi nel dove, o il dove nel chi: who-where-who.
Non ritratti, ma tipologie che interpretano modelli fisionomici, stati d’ animo, situazioni, come in un grande repertorio degli incontri intervenuti ai quattro angoli del mondo, cercando anche nell’effimero delle situazioni quotidiane, in un’occasione, in un frammento di vita, nella stereotipia del contemporaneo o fra le impressioni dissolte nella dinamica di un attimo, l’ icona pop di valori ed emblemi universali: amore e gelosia, l’ingenuità o il candore, serenità e accidia, l’odio e la tolleranza, l’apatia o il tifo; insomma, storie di ordinaria follia, di resistenza umana, rese evidenti agli occhi di tutti dal racconto per immagini, in strips virtualmente continue che parlano l’ esperanto del pop (in accezione petroniana, se si vuole riconoscerne un accento); una registrazione in sequenza, come la pellicola di un film che poi esploda, fotogramma per fotogramma, nel blow up di un megaschermo.

where01Il viaggio si compie – com’è per Andrea – nel jet-lag che fa coincidere il confine dei territori della realtà con quello della virtualità, per proiettarli poi – con-giunti – ai limiti dell’ immaginario, dove il figurativo-figurale-astraente-astratto è ricondotto ad una unica mappa nella quale i segni dell’arte, quali che siano, sanno riconoscersi e comunicare; affidando al loro esperanto per immagini altre notizie, altre nozioni, altre definizioni del chi, del quando, del dove; … (who) … (when) … (where) … what…

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